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ZOROASTRO 385
Zoroastro. Ma impaziente omai son di saper l’arcano.

Semiramide. Ah! contro amor, signore, l’uom si difende invano.
Tenero garzon folle vide Nicotri appena,
Cesse il cor non volendo a barbara catena.
L’anima riscaldata ai rai di quei bei lumi,
Scordò l’ospite regio, scordò la patria e i numi.
Tanto il protervo amore, tanto l’ingegno affina,
Che ardì senza rimorso tentare una rapina.
E non potendo ei solo compir l’eccesso indegno,
Me sperò favorevole al perfido disegno.
Che non fe’? che non disse? Pallido qual lo vedi,
Versò dagli occhi il pianto, e si gettò ai miei piedi.
Nino. (Qual catena d’inganni! Perdermi vuol la scaltra.
Chiuse una via al periglio, e me ne aperse un’altra).
(da sè
Zoroastro. Stupido mi rendesti! Come? presume ed osa
Donna rapir costui che d’un monarca è sposa?
Qual lusinga l’accieca? Formò il disegno in core,
Incerto di ottenere dalla rapita amore?
Semiramide. Ah! signor, non pensare stolido a cotal segno
Giovane che intraprende sì temerario impegno.
Soffri che il ver ti dica. Del misero infelice
Nicotri è consigliera, Nicotri è seduttrice.
Fui testimonio io stessa degli amorosi sguardi:
Rimproverai gli amanti, ma i detti miei fur tardi.
(a Zoroaslro
Niegalo, se lo puoi. (a Nino
Nino.   Tanto poss’io negarlo...
Semiramide. (Ti scoprirò, se il neghi). (piano a Nino
Nino.   (Donna crudel!) Non parlo.
Zoroastro. Come in sì brievi instanti, come veduti appena
Strinse amor di due cori la perfida catena?
Semiramide. Ragionevole è il dubbio, degno di tua gran mente.
Amor in un momento non nasce, o non si sente.
Signor, siamo ingannati. Credea fossero ignoti