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ZOROASTRO 383
Fammi veder col tempo che il pentimento è vero,

E d’imitar l’esempio forse col tempo io spero.
Nino. Dimmi che far degg’io per espiar l’errore?...
Semiramide. Discepola non puote dar legge al precettore.
Nino. Deh! se tu vuoi ch’io creda la fede tua sincera,
Non deridermi ingrata, non mi parlar sì austera.
Desti ragion tu stessa a’ miei sospetti interni,
E persuadermi or credi coll’onte e cogli scherni?
Semiramide. No, mio re, non intendo mancare al mio rispetto:
Scusa l’incauto labbro, scusa il natio difetto.
So il mio dover, conosco fra noi la differenza;
Non mi privar del bene di tua real clemenza.
Nino. Parli così a un amante?
Semiramide.   Tal parlo al mio sovrano.
Nino. Ah! più che mai m’offendi.
Semiramide.   Meco ti sdegni invano.
Nino. Semira.
Semiramide.   Mio signore.
Nino.   Cangia lo stil, spietata.
Semiramide. Tu a comandar nascesti, io ad obbedir son nata.
Nino. Ah! che quel volto amabile, ah! che quel ciglio altero
Sul mio poter medesimo ha un assoluto impero.
Tu mi puoi dir ch’io viva, tu mi puoi dir ch’io mora;
Pende da te ’l mio fato, t’amo nemica ancora.
Deh! per pietà, concedi grazia, perdono, amore,
A chi per te, mia vita, nutre di speme il core.
Barbara, se di sangue, se d’infierir sei vaga,
Eccomi a’ piedi tuoi. (s’inginocchia
Semiramide.   (Or l’ambizione è paga), (da sè
Alzati.
Nino.   Invan lo chiedi, se il tuo rigor non muti.