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380 ATTO TERZO
Nicotri. Ti pentirai, tei giuro, se il labbro tuo m’irrita.

Semiramide. Anzi ti compatisco, e il venir mio pavento
Sia la cagion più vera di un simile lamento. (a Nicotri
Partirò, se vi aggrada. (a tutti due
Nino.   Va; Zoroastro aspetta.
Nicotri. Va a ritentar quel core che i tuoi desiri alletta.
Semiramide. Duopo non ho di voi, se ritornar mi cale.
Degnami Zoroastro del suo favor reale.
Ma il favor d’un regnante rispetto, e non ne abuso,
E qual voi, per amore, a delirar non uso.
Nino. L’arte conosco appieno, onde condur ti vuoi:
Gli altrui deliri accusi per iscusare i tuoi.
Tu sei la menzognera, tu sei la mancatrice:
Nino per te sospira, Nino è per te infelice.
Col labbro mio ti chiama donna crudel, spergiura,
Che l’amor, che la fede, che il giusto Ciel non cura...
Semiramide. Ah! con tai note indegne non insultarmi, ingrato;
Meglio le mire intendi di un animo onorato.
Amo, e più che non credi, son fida al primo foco:
Occupa un solo affetto tutto in quest’alma il loco.
Sarò, se al labbro mio, se alla mia fè non credi,
Pronta a versare il sangue, pronta a morirti a’ piedi.
Nicotri. Parli così a Cambise?
Semiramide.   Parlo così a colui,
Che gli affetti di Nino ha epilogati in lui.
Nicotri. Perfidi, non vi credo. Troppo l’affanno eccede:
Troppo su i labbri vostri fervido il cuor si vede.
Costui che sol per Nino vanta geloso affetto,
Tradirà ’l suo monarca punto d’amore il petto.
E tu che ti giustifichi col prence e col regnante,
Sei con entrambi infida, e di nessuno amante,
Chi ti guidò, superba, di Zoroastro al soglio?
Fede, amor, tenerezza, o vanità ed orgoglio?
Sì, sì, cogli occhi miei le trame ho conosciute:
Base de’ tuoi trionfi saran le mie cadute.