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ZOROASTRO 369
Scuso nella tua sposa i sospettosi ardori.

Io che fortezza vanto forse maggior di lei,
Nel caso di Nicotri non so quel che farei.
L’umanitade alfine siamo a sentir costretti:
Amor prende sua forza dal merto degli oggetti;
E quando in uno solo tanta virtù si dia,
È giusto nell’amante il duol di gelosia.
Zoroastro. Troppa bontà, Semira; troppo m’esalti e onori.
Deh! non far che a Nicotri unisca i miei timori.
Parlami più sincera.
Semiramide.   Sincera esser mi vanto.
Odio dell’alme indegne il lusinghiero incanto;
E tu se ti allontani dall’umile costume,
Conoscerai s’io mento di veritade al lume.
Non parlerò del ciglio, non parlerò del volto;
Arrossirei parlando, e pur potrei dir molto.
Sol del tuo cor permetti che ragionare io possa,
Pel quale a venerarti tutta l’Assiria è mossa.
Lascia che un lampo accenni della virtù sublime,
Onde salir di gloria ti feo sull’alte cime.
Non basterebbe al mondo per renderti immortale
Quel saper sovrumano che non ha in terra uguale,
Che ai popoli venturi nella verace istoria
Lascerà del tuo nome altissima memoria?
Ma scarso onor sarebbero per te gli studi tui,
Senza il piacer di rendere teco felice altrui.
Padre, maestro e duce il tuo saper diffondi,
E di scienza al pari che di clemenza abbondi.
O colei fortunata che il tuo gran cor possiede!
Che davvicin ti tratta, che sospirar ti vede.
Ah! se qual di Nicotri, tal fosse il destin mio,
Signor, te lo confesso, sarei gelosa anch’io.
Zoroastro. Basta, basta, Semira. Il tuo bel core intendo.
(Ahimè, più che l’ascolto, più debole mi rendo).
Semiramide. Perdonami, signore. Di te più non ragiono.