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368 ATTO SECONDO
Soffri che il ver ti dica: no, non posseggo un regno.

Ma di trattar coi regi non fu il mio labbro indegno.
Non sortii dalla culla qual tu regal splendore,
Ma altrui mi fero nota la forza ed il valore;
E a fronte di chi ostenta qualche splendor natio,
Posso dir francamente: quello ch’io vanto, è mio.
I doni della sorte han cambiamento alterno.
La gloria conquistata suol vivere in eterno.
Chi regna senza merito, cade in oblio profondo,
Ma la virtù sussiste anche distrutto il mondo.
Nicotri. Ora comprender posso che parli a me sincera.
Or che il mio grado insulti e che ti scopri altera.
Finor nell’umiltade vidi l’orgoglio ascoso;
Delle tue laudi appresi l’inganno insidioso.
Nacqui in culla regale, ma in Battria ancor non regno;
Può prevalere al sangue il tuo felice ingegno.
Sieno sinceri o finti i tuoi desir mal noti,
A lui che in Battria impera, volgi le mire e i voti.
Cessa d’usar più meco e le preghiere e l’onte,
Donna che loda e insulta, non vuo’ vedermi a fronte.
(parte

SCENA VII.

Semiramide e Zoroastro.

Zoroastro. Deh I queir ardir perdona che amor cieco produce:

Amor sai che sovente a delirar conduce.
Ma dei deliri insani farò pentir l’altera.
Semiramide. Ah! no, signor, dilegua l’immagine severa.
Compatisco Nicotri. Ell’arde a’ tuoi bei lumi.
Chi mai non arderebbe d’un re sì caro ai Numi?
Delizia della terra, delizia delle stelle,
Posseditor felice delle virtù più belle.
Render gelosi puoi tu giustamente i cori: