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ZOROASTRO 367
Che amica sua mi chiami chi nacque a un grand’impero.

Troppo per me sarebbe il titolo di serva.
Zoroastro. (Umiltà senza pari).
Nicotri.   (Simulazion proterva!)
Semiramide. Chiedo perdon, se ardisco entrar co’ labbri miei
Ospite rispettosa più in là ch’io non dovrei.
Parmi, se non m’inganno, mirar nel vostro ciglio
Turbine che la calma può mettere in periglio.
Deh! se cortese il Cielo unì vostr’alme belle,
Non vi mostrate ingrati ai doni delle stelle.
Amatevi, che è giusto. Vuol il possente amore
Sincera al sagrifizio la vittima del core.
Se mai gli affetti vostri sturba straniero aspetto,
Partirò immantinente per dover, per rispetto;
Anch’io de’ fidi amanti provai le pene un giorno.
Vedova sfortunata più a delirar non torno;
Ma giubilo veggendo d’amor le dolci prove.
Se compagnia sdegnate, volgerò i passi altrove.
(in atto di partire
Zoroastro. No, non partir per questo. (a Semiramide, arrestandola
Nicotri.   (L’empio la vuol presente). (da sè
Semiramide. Resterò, se l’imponi. (a Zoroastro
Nicotri.   (Che anima compiacente!)
(da sè, con ironia velenosa
Semiramide. Bella, se Zoroastro ai lumi tuoi si accende,
Il destin dell’Assiria dal tuo voler dipende.
Di te, di tua bontade, i pregi a me son noti.
Offroti a pro di Nino le umili preci e i voti.
Priega l’amante sposo, sia per giustizia o dono.
Che non contrasti a Nino di Babilonia il trono.
Fra gl’infiniti pregi di grazia e di bellezza
Fa che prevalga il dono d’amabile dolcezza.
Supplice non sdegnarmi... Volgi lo sguardo altrove?
Più che a pietade, a sdegno il mio pregar ti move?