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LA DALMATINA 33
Che a intendere ho imparato la lingua greca anch’io.

Per mio divertimento le carte ho esaminato.
Che ti trovaro in tasca, allor che t’han pigliato.
Lisauro. Rendimi i fogli miei.
Marmut.   Non te li rendo affé,
Quando tu non ti mostri più liberal con me.
Lisauro. Ma che mai poss’io darti?
Marmut.   Dammi, se vuoi le carte,
Quel che di tua ragione si è riserbato a parte.
Sai che fra noi si usa serbar per qualche giorno
Tutto quel che si trova de’ prigionieri intorno.
E che fuor del denaro, talor si osserva il patto
Di rendere ogni cosa al tempo del riscatto.
Se i fogli che ti premono, ricuperar ti aggrada,
Cedimi il tuo fucile, o cedimi la spada.
Lisauro. Fuor della spada mia, quel che più vuoi, ti dono:
Ma non svelar, ti prego, al Dalmatin chi sono.
Nell’innocente inganno tessuto a mio rossore,
Deh compatisci, amico, il violento amore.
Marmut. Sì sì, ti compatisco, il Ciel ti dia fortuna,
Ti renderò i tuoi fogli senza esitanza alcuna.
Soglio in favor dei schiavi usar l’affetto mio.
Ma se altrui fo del bene, voglio mangiare anch’io.
(parte

SCENA XII.

Lisauro solo.

La spada mia piucch’altro ricuperar mi è caro.

Nel manico e nel pomo nascosto ho il mio danaro.
E se il danaro ho in mano, chi sa che non mi giovi,
Ad eseguir col tempo scaltri disegni e nuovi?
Ah nel mio seno io provo fiero rimorso atroce,
Ma dell’amor mi parla tenera al cuor la voce.