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356 ATTO SECONDO
Amo di Zoroastro il cor, la destra, il trono,

Ma per amor mi macero ed inquieta or sono.
Par che talor mi adori, e che d’amor si strugga,
Sembra talor ch’ei m’odii1 e che da me si fugga.
Meco talor favella senza mirarmi in volto;
Tace, se seco i’ parlo, e borbottar l’ascolto.
Mostra bramar che io vada l’ore a passar con lui;
Vado, e lo trovo immerso ognor nei studi sui.
E se da me sen viene, scarso d’amor favella,
Ma a ragionar principia d’un astro e d’una stella.
Questo a giovane sposa, ch’essere amata aspira,
È un conversar che desta più che alla gioia, all’ira.
E recami dispetto s’io parlo di passione,
Sentirmi ragionare del Cancro e del Leone.
Corina. Ma che costar vi puote il secondar con arte
Uno che alfin vi chiama di sua grandezza a parte?
Tutti su questa terra abbiam qualche difetto:
Compatirci a vicenda dobbiam senza dispetto.
E se in lui delle stelle la dilezion prevale,
Pensate che di tanti è forse il minor male.
Peggio per voi sarebbe, che in vece delle sfere
Trattasse il vostro sposo bellezze lusinghiere;
Alfine i studi suoi, siano fondati o vani,
Hanno per loro scopo oggetti assai lontani;
E Venere e Diana che per lo ciel sen vanno,
Per gelosia, credetemi, penar non vi faranno.
Nicotri. È ver, ma ciò non basta; ogni passion nel petto
Di lui che io solo adoro, è un’onta al nostro affetto.
Delle insensate cose non son gelosa, è vero,
Ma dello sposo il core vo’ possedere intero.
Studii pur, se gli aggrada, ma quando io gli favelle,
Si han da scordar gli studi, si han 2 da scordar le stelle;
E quando, me presente, altro piacer lo chiama,
Segno è che unicamente me non apprezza ed ama.

  1. Nel testo: m’odj.
  2. Nel testo: si ha.