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344 ATTO PRIMO
Salsi all’augusto trono, e ne fu Giove il duce;

Ma fu del Ciel ministro l’ affetto vostro, o amici;
Voi secondar sapeste i fortunati auspici.
Ed io godendo un bene, di cui motore è il fato,
A voi che l’offeriste, non deggio esser ingrato.
Cleonte. Ah! no, signor, cotanto non ti abbassar con noi;
Dal sen della lor stella discendono gli eroi.
Rege tu fosti eletto lassù fra gli astri ardenti,
Nè merito pon farsi di ciò le umane genti.
E se in tuo pro si udirono i voti nostri uniti,
Son per violenza ignota dal nostro petto usciti.
Lisimaco. Vano poter degli astri a noi non tolga il vanto
D’avere a Zoroastro concesso il regal manto,
Nè a lui scemi quel merto che gli acquistò un tal dono.
Le sue virtù lo alzarono, e non le stelle, al trono.
Giove guidollo, è vero, a gloriosa meta,
Non però quel tal Giove che odo chiamar pianeta;
Ma quel che col sublime poter di sua virtute
Creò le chiare stelle da noi mal conosciute.
A penetrar più oltre non giugne il mio intelletto;
Non scemo a Zoroastro per questo il mio rispetto.
E a lui giorni felici pregano i voti miei
Non dalle sorde stelle, ma dai possenti Dei.
Zoroastro. Amo del buon Lisimaco il cuor candido e sciolto,
E i sinceri suoi detti senza sdegnarmi ascolto.
Non per rimproverarti, dirò che mal tu pensi,
Ma perchè l’intelletto dee prevalere ai sensi.
Chi delle stelle i moti discernere procura.
Più da vicin conosce l’autor della natura.
E nulla a lui si toglie dei suo poter divino,
Fissando nelle stelle le leggi del destino;
Poiché d’ogni pianeta la forza ed il potere,
Se ordinato è dal Nume, risponde al suo volere.
L’invisibile destra che regge il mondo e il cielo,
Di noi fatture elette pose alla mente un velo.