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ENEA NEL LAZIO 331


SCENA ULTIMA.

Latino, Claudio, Soldati e detti.

Latino. Poss’io sperar, che il valoroso Enea

Renda giustizia al sangue mio, nè voglia
Un re amico pagar con sdegni ed onte?
Enea. Deh perdona, signor; confesso il torto,
E ne ho pena e rossor. Merta Lavinia
II rispetto e l’amor. L’amo, ed apprezzo
Il suo cor, la sua destra e il sangue illustre.
Ecco l’ara, ecco il Nume; altro non manca,
Che il cenno tuo per vincolar due cuori.
Lavinia. Deh, padre mio, non ritardare il cenno.
Latino. Non m’oppongo. Si faccia, e il Ciel n’arrida.
Enea. Dammi, sposa, la destra.
Lavinia.   Deh! preceda
L’imeneo di Selene.
Enea.   Ancor ne temi?
Porgi, figlio, la destra alla tua sposa.
Ascanio. Eccola. Oh me felice!
Selene.   Oh amico fato!
Enea. Sei contenta?
Lavinia.   Lo sono. Eccoti, o caro,
La mia mano e il mio cor. Vivi sicuro
Di mia sincerità. Sol se dicessi
D’amarti poco, lo direi fingendo.
Enea. Compito è già del sagrifizio il rito.
Scenda il chiaro Imeneo di pace empiendo
Del Tirreno le sponde e Italia tutta.
Ecco Troia rinata, ecco l’impero
Che promisero i fati alle nostr’armi.
Enea regna nel Lazio, e il Tebro aspetta
Figli da lui, che daran legge al mondo.
Deh! si avveri il presagio a me svelato