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LA DALMATINA 29
Ed io dalle catene senza lagnarmi oppressa,

Godrò avere alla patria contribuito io stessa.
Ibraim. (Cauta nasconde in petto l’amor suo lusinghiero).
Radovich. Zandira, io non t’intendo.
Marmut.   Svelerò io il mistero.
Sappi ch’ella ricusa uscir da’ lacci suoi,
S’anche un certo Lisauro ricuperar non vuoi.
Radovich. E chi è costui che renderla può di tal zelo ardente?
Marmut. Non sospettar. Codesto non è che un suo parente.
Radovich. Di Zandira un congiunto di liberar non sdegno;
Per contentar sue brame tutto farò, m’impegno.
Zandira. Ah signor, i tuoi doni con mio rossore io veggio;
La pietà coll’inganno ricompensar non deggio.
Sveloti che Lisauro non m’è di sangue unito,
Ma per lui serbo in petto questo mio cor ferito.
L’amo, non lo nascondo. Amor sull’alme impera,
Ma un’Illirica donna usa a parlar sincera.
Se la pietà ti muove, siane Lisauro a parte,
Se l’amor mio t’offende, sdegno l’inganno e l’arte:
O mi disciogli il piede al mio Lisauro unita,
O ricusar son pronta e libertade e vita. (parte

SCENA VII.

Ibraim, Radovich e Marmut.

Radovich. Dunque fra rie procelle il mare avrò varcato

Per una sposa infida che ha al suo dover mancato?
Ella col padre unita viene al consorte appresso,
E di venirvi ardisce fin coll’amante istesso?
E di virtù si vanta? E d’onorar s’impegna
Della sua patria il nome? Oh di tal patria indegna!
Ibraim. Non insultar quel core, non lo chiamare infido;
Involontario il varco aperse al dio Cupido.
La compagnia frequente, l’età, la sorte istessa,