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324 ATTO QUINTO
Selene. Quel che giova sapere è la speranza

Che, se mancami Enea, mi sposi il figlio.
Perennio. Non è perdita alfine. Alfin tu cambi
Viril guerriero in giovinetto amante,
E il cambio è tal che agl’imenei conviene.
Selene. Voglia il Ciel che ciò segua.
Perennio.   Il Ciel lo voglia,
Per te, per me, che di riposo ho d’uopo.
Selene. Ecco i Troiani.
Perennio.   Dove son?
Selene.   Non vedi
Che si avanzano al campo?
Perennio.   Oh me infelice!
Ogni dì più deteriorando vado.
Veggo oggetti confusi, e non discerno...
Or discerner principio. È quegli Enea.
E quella al fianco suo Lavinia è forse?
Selene. Che di’ tu di Lavinia? Era poc’anzi
Fra le donne Troiane, e da Laurento
Parti che ora ne venga?
Perennio.   Ah! la memoria
Mi comincia a tradir.
Selene.   Che sì, che donna
Credi il figlio di Enea?
Perennio.   Ascanio è quegli?
Selene. Sì; che ti par?
Perennio.   Ah! se di te fia sposo,
Ti dimentichi Enea, Cartago, e Dido.

SCENA II.

Enea, Acate, Ascanio con seguito, e detti.

Enea. Olà; si alzi l’altare. Il sagrifizio

Preceder deve il tramontar del sole.