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ENEA NEL LAZIO 321
Vo’ a deporre al suo piè; ma il mio rispetto

Non mi concede disvelargli il cuore.
Spero nell’amor tuo. Deh per affetto
Siami 1 tu madre, e le mie nozze impetra.
(parte con tutto il seguito
Lavinia Non temer, no, che più di te mi cale
Che tu stringa Selene. Ah! non sai quanto
Mi può render felice un cotal nodo.
S’ella è sposa del figlio, ogni sospetto
Si dilegua del padre, e questa sola
Fors’è la via donde la pace io spero.
Quanto mi costi, o amor! Ah no, piuttosto
Quanto mi costi gelosia di regno!
L’uno e l’altro per me da Enea dipende,
E se tem’io che una rival mel tolga,
Giusto è il timore, e il rimediarvi è giusto.
Che non fec’io finor? Qual arte o ingegno
Non cercai d’adoprar? Fortuna alfine
Il crin mi porge, e d’afferrarlo io tento.
Deh! cessi Enea, cessi Selene e il mondo
Di rinfacciarmi i simulati affetti.
Finsi, ma per virtù; giovai fingendo
A me stessa e ad altrui, nè danno o pena
Procacciar meditai. Felice il mondo,
Se qual finse Lavinia, ognun fingesse.


Fine dell’Atto Quarto.



  1. Così il testo.