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28 ATTO PRIMO

SCENA V.

Ibraim e Radovich.

Ibraim. Sì, capitan, la donna cui liberare inclini,

Nel volto e più nel core ha merti peregrini.
Stato miglior le offersi, ella ricusa il dono,
Fida a un amor primiero.
Radovich.   (Ah fortunato io sono).

SCENA VI.

Zandira, Marmut e detti.

Zandira. Chi è che dal Ciel mandato, scioglie i miei ceppi?

Radovich.   Io sono,
Ch’ebbi dal fato amico di rinvenirti il dono.
Vedi, Zandira, in me quel Radovich felice,
Cui spezzar le catene alla sua sposa or lice.
Se il genitor perdesti, che in mio favor dispose
Del tuo cor, di tue luci amabili e vezzose;
Ecco per mia fortuna, ecco per tuo conforto,
Che ricondurti è pronto della tua patria al porto.
Marmut. E tanto egli t’apprezza, tanto è di te contento,
Che gli par lieve il prezzo di zecchini trecento.
(a Zandira
Zandira. (Ah! che il destin mi rende ingrata al suo bel core;
Ma chi resister puote al violento amore?) (da sè
Radovich. Come? Sì fredda accogli la libertade offerta?
Zandira. Signor, la mia sventura tanta pietà non merta.
Il mio piè le catene è a sofferire avvezzo;
In opera migliore puoi convertire il prezzo.
Gemono fra catene d’Illirica regione
Uomini valorosi, onor della nazione.
Questi che giovar possono della Dalmazia ai liti,
Questi a una donna imbelle da te sian preferiti,