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304 | ATTO TERZO |
Che, sia per arte o per virtù, mi sforzi
Ad amarti e piacerti a mio dispetto. (parte
SCENA IV.
Enea e Lavinia.
Enea. Poss’io, Lavinia,
Da te il vero saper?
Lavinia. Mi offendi a torto,
Se mendace mi credi.
Enea. Aprimi dunque
Senza stimoli il cuor. Di’: da qual fonte
Di sì strana pietà deriva il seme?
Lavinia. Deriva in me della pietate il seme
Dal bel core di Enea. L’eroico esempio
Di un eroe sì pietoso anima e sprona
Ai benefizi, e a sollevar gli afflitti.
Leggoti in sen la compassione, il duolo
Per la misera donna, e so che a forza
Le intimasti partir, temendo forse
In me destar di gelosia l’affanno.
Non dirò, che temendo i miei sospetti,
Sia tu reo nel tuo cor. So ch’è incapace
Di colpevole fiamma il Troian duce.
È innocente il desìo che a lei ti sforza
Migliorare il destino. Allor che offersi
Alla bella Africana asilo in Corte,
Lieto ti vidi e respirar contento,
Non dirò per amor, ma per pietade.
Se altro pregio non ho, che da te possa
Affetto meritar, per questo almeno