Enea la lusingò).
(da sè
Selene. (La mia nemica
Custodita è da guardie, ed io son sola). (da sè
Lavinia. Mi son noti i tuoi casi; il Ciel sa quanto
Compatisco, o Selene, il tuo destino.
Selene. Non lo credo.
Lavinia. Fai torto alla mia fede.
Chi ha regio sangue e nobil cuor, non mente.
Selene. Regal sangue nel seno Enea pur vanta,
E mente e inganna, e di tradir non teme.
Lavinia. Parli tu per Didone?
Selene. Ah ti son noti
Ver la germana i trattamenti indegni,
E di lui puoi fidarti? E non paventi
Della sua infedeltà le prove usate?
Scaccia il profugo Enea, ripara il danno
Che sovrasta a te stessa, e tua la gloria
Sia di punir lo sprezzator superbo
Delle afflitte reine.
Lavinia. Altri pensieri
Di pacifica legge io nutro in seno.
Si giustifica Enea dell’abbandono
Dell’amica Didone, s’egli è pronto
D’usar tanta pietade a una germana
Quanto all’altra fu ingrato; esser l’estinta
Paga potrà, se la vivente è paga.
Selene. Credi tu, che sperar poss’io pietade?
Lavinia. Chiedila, e l’otterrai.
Selene. La chiesi invano.
Lavinia. Che chiedesti ad Enea?
Selene. La man di sposo.
Lavinia. (Ah! non m’inganna il mio timor). Ti è noto
Ver la germana il trattamento indegno,
E di lui puoi fidarti? E non paventi
Della sua infedeltà le prove usate?