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288 ATTO SECONDO
Fora del mio valor. Ne avrei rossore

Se tentato l’avessi, e avrei portata
Una macchia sul trono. È ver, poteva
Condur meco cattivo il fier Numida,
Ma chi potea degli African sdegnati
Sottrar Cartago alla vendetta e all’onte?
Io dall’impero degli Dei condotto,
Trattener non potea navi ed armati
Dal prescritto cammin. Porre in catene
L’Africa non potea per torle il modo
Di vendicar del suo monarca i lacci.
Jarba alfin che chiedea da tua germana?
Nozze, se non amore; e offrïale il prezzo
Di un’illustre corona e un vasto impero.
Stata forse saria Dido la prima
Che avesse il cuor sacrificato al regno?
Quando Tiro lasciò, dal fier germano
Spinta asilo a cercar d’Africa ai lidi,
Si lusingò di sostenersi a fronte
Dei nativi sovrani, e credea forse
Sulla terza del mondo arida parte
Sola e quieta regnar? D’uopo ch’aveva
Di sostegno e d’amici, e Jarba è il solo
Che potea assicurar la sua fortuna.
Lo sprezzò, l’irritò. Per me nel seno
Forse l’odio le nacque, e duolmi, e sento
D’amor la pena e dei rimorsi il verme.
Ma qual colpa è la mia se amor l’accese?
E se fu forza cedere al destino
E partire e lasciarla, ho di lei meno
Inteso forse a lacerarmi il petto?
Credei, partendo, mi dicesse ingrato
E bagnasse di pianto il sen dolente,
Non mai che vil disperazion vincesse
La ragion, la natura, e preferita