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ENEA NEL LAZIO 279
Misero ancor, ma dal timor disgombro.

Claudio. Principessa infelice, a me fur noti
Di tua famiglia i memorandi oltraggi.
All’inutil pietà che offrire io posso,
Generoso il mio re supplir vedrassi.
In buon punto giungesti. Un fier nemico,
Turno, signor de’ Rutoli feroci....
Perennio. Turno! Turno mi è noto, e mi rammento
Che Danae e Giove agli avi suoi dier vita,
E dirò i nomi lor....
Claudio.   T’accheta; io deggio
Cose nuove narrar che più felice
Rendono il Lazio, e voi faran pur lieti.
Turno, dicea, di questo sole istesso
Sui primi rai non sprigionati ancora,
Dal confin d’Oriente, armi ed armati
Guidò rapace ad assalir Laurento.
Selene. Ahi, mi segue per tutto il mio destino!
Perennio. Lascialo terminar.
Claudio.   Pronta difesa
Lo respinse veloce. Ei prese il campo
In spazioso terreno, e a faccia a faccia
Si appostarono i nostri, e dato il segno
Della pugna fatale, agli urti primi
Del re superbo la falange è aperta.
S’inoltraro i Latini, ed i nemici
O distesi, o fugati, o prigionieri,
Pienamente sconfitti a noi cedero
L’armi, il campo e il trionfo; e il duce altero
Si salvò colla fuga. A’ suoi Latini
Molto deve il re nostro, ma più forse
Deve al valor del poderoso Enea.
Selene. Enea? (a Claudio, con meraviglia
Perennio.   Parli d’Enea? (a Claudio, come sopra
Claudio.   Di lui favello.