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ENEA NEL LAZIO 277
Per inoltrar senza sospetti il piede.

Perennio. Forse non tarderà. Mira, o Selene,
Come frequenti sulla polve impresse....
Selene. Parmi veder fra gl’intrecciati rami,
Che qualcun si avvicini.
Perennio.   Or le felice,
Cui non han gli anni infievolito il guardo!
Ora lo scorgo anch’io, che l’ampia strada
Tutto intero mel scuopre.
Selene.   Ohimè!
Perennio.   Che temi?
Selene. Non vedi tu, che di compagni armati
Alla testa sen vien?
Perennio.   Salvate, o Numi,
Queste misere spoglie e i tristi arredi
Avanzati dal mar. Coraggio, o figlia;
Non temer, non tremar; quel che in me vedi
Non è timor, ma dell’età fiacchezza.

SCENA II.

Claudio con seguito, e detti.

Claudio. Olà, chi siete voi?

Perennio.   (Valor mi manca). (tremando
Selene. Peregrini siam noi, dal mar più lune
Combattuti e percossi, e a questi lidi
Scorti dal fato a procacciar ristoro.
Perennio. Siam poveri, signor, sdruscito è il legno
Che colà miri, ed a placare i flutti
Quanto s’avea sacrificossi all’onde.
Claudio. Duoimi de’ mali vostri, e qui non venni
Per chieder prezzo o ad insultar stranieri.
Dalla Rocca che il mar guarda e difende,
Fu veduto approdar naviglio ignoto,