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266 ATTO PRIMO
Che obbedienza e rispetto. Amor non deve

Merito farsi, ove dispone il fato.
Solo dirti poss’io che nel tuo volto
Segno non v’ha che mi dispiaccia o attristi,
E che finora assuefatto il guardo
Dell'inamabil Turno al rozzo aspetto,
Piacemi il cambio, e lusingar mi ponno
Gl’interni moti d’un amor felice.
A te spetta, signor, mostrarmi aperto
Che il desìo non m’inganna. I miei difetti
Ti piaccia tollerar. Natura meco
Avara fu di vezzi e di beltade;
Ma un cuor mi diè che il suo dover ravvisa,
E il merto apprezza e la virtute onora.
Enea. Cara bontà che d’ogni gloria è degna!
Questi che miri è il figlio mio; tuo figlio
Sarà pur per rispetto, e de’ tuoi figli
Padre sarà, non che germano e amico.
Ascanio. A novello imeneo, signor, tu aspiri? (ad Enea
Enea. Seguir degg’io la volontà dei fati.
Ascanio. Prescritto i fati hanno al tuo sangue il regno.
Ascanio è sangue tuo.
Enea.   Sì, figlio, intendo
Il tuo giusto desìo. Tempo sarebbe
Che a te cedessi delle nozze il giorno;
Nè ricusa di farlo un padre amante,
Se l’accorda il destin, Lavinia e il padre.
Acate. Non l’accorda il destin.
Latino.   Latino ha in pegno
D’Enea la fè, non del figliuol.
Lavinia.   Lavinia
Rispetta il figlio, ed ha nel cuore il padre.
Ascanio. Sì, v’intendo; l’età merita forse
L’ingiurioso disprezzo. Il soffro, e taccio.
Enea. Frena, deh! frena, o sangue mio, la brama