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aggiunto alle Memorie francesi il Goldoni afferma in nota che l’Artemisia non fu mai rappresentata, nè stampata. Anche nell’elenco delle principali novità goldoniane dal 58 al ’62 che il compianto amico Aldo Ravà mi mandò nel 1913, attinto dal Registro delle recite già conservato nell’archivio di San Luca e ora, come sembra, disperso, l’Artemisia non appare, e alla Scuola di ballo seguono gli Innamorati; apre poi la stagione di carnovale (26 dic.) l’Impresario delle Smirne, seguito dalla Guerra e quindi dalla Compagnia de Salvadeghi, cioè dai gloriosissimi Rusteghi. Così sarebbe fallito, dopo la seconda recita, il famoso programma del Monte Parnaso; e lo Zoroastro ed Enea nel Lazio vennero in fatti rimandati all’autunno del 1760.

Ma nella Introduzione alle recite dell’autunno 1760, recitata al teatro di San Luca da Caterina Bresciani (pubblicata da V. Malamani in Nuovi appunti e curiosità goldoniane, Venezia, 1887, pp. 173-5) c’è, dove il Goldoni annuncia il suo Enea nel Lazio, questo ricordo:

...La quarta si allontana dal stil della commedia.
L’autore non ardisce di dir: sarà tragedia,
Chè dopo l’Artimisia (sic), per lui si fortunata (? ).
L’impresa alle sue forze gli par sproporzionata.

Non sappiamo se debba leggersi fortunata o sfortunata, ma qui si accenna certamente a un’opera ben nota al pubblico.

Forse il viaggio a Roma e il ricordo di quelle auguste antichità indusse la mente del Goldoni a ripensare al grande Alessandro e al pio Enea, e a Zoroastro e alla fedele Artemisia: non potendo l’arguto sior Carlo far vedere sul palcoscenico gli abatini e i cardinali della Roma di Clemente XIII, vi portò almeno le anticaglie. Nella Drammaturgia dell’Allacci (rifatta a Venezia, 1755) è ricordato un dramma col titoto di Artemisia, scritto dal bergamasco Nicolò Minato, musicato dal famoso Cavalli a Venezia e rappresentato nel teatro dei SS. Giovanni e Paolo nel 1656, replicato a Milano nel 1664. Ho qui sul tavolo un’altra Artemisia "dramma per musica" edita a Milano nel 1662 e dedicata da Manuel Beltram de Mesquida al conte Gian Maria Alfieri: ma con la tragedia goldoniana nulla ha di simile, tranne il nome della regina e il Mausoleo. Solo trovo anche qui un Prologo in cui parlano, nella Reggia della Fortuna, il dio Apollo e le muse Melpomene Talia.

In una piccola nota che il Goldoni appose al ricordato catalogo dei Mémoires, dice dell’Artemisia: "C’est une imitation de Sémiramis de M. de Voltaire ". Non occorre dire quanto fosse familiare in Italia la Semiramide (1748) dell’autore francese, tradotta nel 1752 dall’Ambrogi, nell’anno stesso dall’abate Fabri di Bologna (stamp. 1764), e finalmente dal Cesarotti nel ’71 (L. Ferrari, Le traduzioni italiane del Teatro tragico francese nei secoli XVII e XVIII, Paris, 1925, pp. 236-240): recitata nel ’54 e nel ’55 nei teatri privati di Bologna e di Modena, e per ben ventidue sere replicata nel carnevale 1772-73 nel teatro di S. Gio. Grisostomo a Venezia, per merito di Maddalena Battaglia. Tuttavia fra la Semiramide e l’Artemisia non riusciamo a scoprire notevoli somiglianze (quelle grandi somiglianze che ci vede Johannes Merz, C. G. in seiner Stellung zum französischen Lustspiel, Leipzig. 1903, p. 44), poichè il riconoscimento del pastore Euriso nell’Ar-