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234 ATTO QUARTO
Lascia che io paghi dell’ardir la pena.

Dirti non so se alla capanna in vita
Giunger farammi il mio dolor. Ma certo
Son di morir se, qui restando, io deggio
Viver senza mirarti. Ah non prometto
Ubbidirti, regina. Il cor talvolta
Sai che disprezza di ragion l’impero.
Deh permetti che io parta; e se dubbiosa
Ti trattien forse un importuno affetto,
Volgi lo sguardo a quell’illustre avello,
E a regolar i tuoi consigli impara.
Artemisia. (Alza gli occhi al Mausoleo, sospira, poi sostenuta dice:
Vanne.
Euriso   Lode agli Dei. Sciogliesti alfine
La sentenza fatal dal cor, dal labbro.
Permetti almen... (vuol baciare la mano
Artemisia.   No, quell’avello illustre
Il consiglio mi addita. Addio per sempre.
(Si accosta al Mausoleo, a cui si appoggia con la mano e col capo, non mirando più Euriso.
Euriso Facciasi core. Una regina insegna
I propri affetti a superar. Pietosi
La proteggano i Dei. Scemi lo stame
A’ miei giorni la Parca, e a lei lo accresca.
Perano i suoi nemici; arte non vaglia,
Nè forza ostil per atterrirla. Invano
Fremano i rei vassalli, e in pace miri
Frutto dell’amor suo regnare Eumene.
Numi, udite i miei voti. Il duolo atroce
Che l’afflisse finor termini o scemi,
E non fia mai che a rattristarla arrivi
La memoria di me, sia vivo o estinto. (parte