Pagina:Goldoni - Opere complete, Venezia 1927, XXV.djvu/237


ARTEMISIA 233
Se ti cale cambiar capanna umile

In più comodo tetto, e miglior sorte
Procacciare a te stesso, e all’umil padre
E alla tenera madre, agio bastante
Offroti in questo regno, e se d’onori
Vago tu sei, non mancheratti un fregio.
Ma dei sfuggir di rivedermi in volto,
Non far più che io ti miri; a questo patto
Il mio favor, la tua fortuna eleggi.
Euriso Sì, regina,-l’intendo, e il tuo comando
Più che dolente mi può far superbo.
Tu mi scacci da te perchè mi temi,
E il tuo timor di tenerezza è figlio.
Ti ubbidirò, ma al cenno tuo permetti,
Che un maggior freno a me medesmo aggiunga.
Se in Corte io resto, il mio rispetto espongo
A colpevole azzardo. Il caso, il fato,
E l’audace mio cor violar potrebbe
Il divieto regal. Per esser grato
Ai doni tuoi, di ricusarli è forza.
Partirò dalla reggia; al patrio albergo
In umil stato finirò i miei giorni,
E più degli agi e degli onori offerti
Fiami caro il saper che tu mi amasti.
Regina, addio.
Artemisia.   Fermati; invan pretendi
Interpretar del mio comando i sensi.
Euriso E tu invano celar pretendi il core.
Artemisia. Ardito sei se per te amor presumi.
Euriso Ebben, non m’ami? Il mio partir concedi.
Artemisia. (Che turba, oh Dio! di sconosciuti affetti
Ma si affolla nel cor!)
Euriso   Rendi la calma
Al tuo spirto, o regina. Audace troppo
Tentai finor d’indebolirti il core.