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222 ATTO TERZO

SCENA IX.

Talete solo.

Quanto più tratto il pastorel gentile,

Più di piacere al suo desir m’invoglio.
Nè strano è in me quest’amoroso incanto,
Se par che l’ami la regina istessa.
Porta taluno i fortunati auspicj
Di benefica stella in volto impressi;
E quindi avviene che ad amar siam mossi
Un più che l’altro; e sconosciuto oggetto
Sovente il cor di chi lo mira, impegna.
Ma dalla tomba sì veloce ei riede?

SCENA X.

Euriso e detto'.

Euriso Ahi qual terror, ahi quale orror m’ingombra!

Talete. Deh, che ti agita, Euriso? Il tuo coraggio
Ti abbandonò nei tetri luoghi oscuri?
Euriso Talete, ohimè! Qual tardo gel m’intesi
Invader l’alma sbigottita, attonita!
Sull’alterata fronte il crin rizzossi.
Tremar le membra, ed oscurossi il ciglio.
Credei morir; chieder voleva ai Numi
Pietà, soccorso, e balbettando il labbro
Articolare non sapea gli accenti.
Reggermi non potea; la mano incerta
Alla grand’urna vacillante adatto,
E sorger sento da quell’urna un foco
Che il gel discioglie e a sospirar m’induce,
E a forza spreme dalle luci il pianto.
Mi ritorna il vigor; ritento il varco,
Fuggo l’urna fatal, ma tremo ancora....