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ARTEMISIA 217
Per penetrar nei circoli sospetti,

E forzar il silenzio e far contrasto
A cento destre con la destra mia.
Ma il tuo cenno mi manca; e il tuo periglio
Temei, parlando, accelerare io stesso.
Pensai meglio avvertirti. Il tuo consiglio
Può regolar del mio coraggio i moti.
Eccomi; imponi pur. Co’ tuoi più fidi
Mandami, o solo a raffrenar gli arditi;
Versar son pronto in tuo soccorso il sangue.
Artemisia. Ah no, non nutre tal pensier uom vile.
Un pastore non sei. Mi celi il grado,
O a te stesso lo cela il fato avverso.
Sì, mel predice il cor. Tu sei...(Oh stelle!
Dove il labbro trascorre? Ah pria si cerchi
Qualche traccia più certa al mio sospetto).
Euriso Ma che pensi di me?
Artemisia.   Dimmi, tuo padre
Veramente è pastor?
Euriso   Da che l’etade
Sprigionò i sensi e la ragion confusa,
Vidi il mio genitor guidar gli armenti.
Visse in Corte, egli è ver, ne’ suoi prim’anni,
Ma in offizio volgare, e di sua sorte
Men contento di pria tornò alle selve.
Artemisia. Visse in corte Zeontippo?
Euriso   Ei stesso il disse.
Artemisia. Hai tu ragion di dubitar che ad arte
Figlio suo ti chiamasse?
Euriso   Un tal sospetto
Ingiurioso sarebbe al mio buon padre.
Vidi la culla che i primier vagiti
Dolce temprò dell’età mia nascente,
E le ruvide fasce e i tristi avanzi
Degl’innocenti puerili arredi.