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206 ATTO SECONDO
Farnabaze.   D’esserlo io spero

Non disgiunto da lei che onoro ed amo.
Rigor talvolta sa abbassar gli audaci,
E l’amor spesso del timore è figlio.
Clorideo. Usa tu l’arte che l’amor t’insegna;
Noi sarem teco in ogni dubbia impresa.
Farnabaze. Chi è colui che si asconde, e par che bieco,
(accennando Euriso, che vede lontano
Minaccioso mi guardi?
Clorideo.   È un vil pastore,
Sceso or or dalle balze. Il dolce aspetto
Non spiacque ad Artemisia; in Corte accolto
Fu dalla sua pietade, e qual tu il vedi,
Vestir lo fe’ de’ cittadini all’uso.
Farnabaze. Saria costui di un falso duolo il fonte?
Clorideo. Nol crederei. Troppo saria mendace
Nella donna regal d’un lustro il pianto. (parte

SCENA VII.

Farnabaze con seguito di Guardie, ed Euriso come sopra.

Farnabaze. Non minora per questo il mio sospetto.

Olà; colui che al sagro tempio è appresso,
Conducetemi innanzi. Ah se l’uom vile
(alle Guardie, due delle quali vanno e conducono Eurisio
Fosse il rivali non conosciuto, il Cielo
Offrirebbe al mio braccio aspra vendetta.
Euriso (Assistetemi, o Dei, che in sen raffreni
Contro il tiranno il concepito sdegno).
(da sè, avanzandosi
Farnabaze. Accostati. Chi sei?
Euriso   Per me risponda
La regina di Caria. Ella che m’offre