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202 ATTO SECONDO
Artemisia.   So che vuoi dirmi.

Tu vieni spinto da un amor sospetto,
E non so ben se più ti sproni il zelo
Di mia feiicitade, o ardente brama
Di regnar meco, o il torbido consiglio
De’ miei stessi vassalli. In ogni guisa
La risposta prevenga il tuo disegno.
Se amor per me punseti un giorno il core,
Guardami meglio, e riconosci, o prence,
Che più quella non son. Tre lustri han tolto
Forse il meno al mio volto; il mio dolore
Scolorite ha le gote, e il largo pianto
Spense il primo fulgor delle pupille.
Pur se, per mia sventura, ai lumi tuoi
Men deforme rassembro, il core afflitto
Sfuggi di mesta inconsolabil donna.
Ah se il destin per tua compagna avesse
Scelta quest’infelice, oh quai funesti
Miserabili giorni, oh quai lugubri
Notti con essa passeresti1 in pianto!
Non mi udiresti che parlar di morte,
D’orride larve e angosciosi spettri.
Se di tal compagnia non temi il danno,
Amor non è che il tuo desire infiamma,
Ma lusinga di regno, e speme accesa
In te da lor che di un monarca han brama.
Se quest’è il tuo desìo, se questo è il fine
De’ simulati consiglieri accorti,
Le mire vostre soddisfar m’impegno.
Ecco Eumene, signor, ecco di Caria
La legittima erede. Il don del trono
Che a me fece morendo il caro sposo,
Rinunzio a lei ch’è di regnar ben degna.
Parlo innanzi agli Dei, qua dove ascolta

  1. Nel testo: passaresti.