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ARTEMISIA | 189 |
Euriso è il nome mio; Zeontippo è quello
Del mio buon genitor. Qual genio in Caria
Ha guidato il mio piè, Talete il disse.
Artemisia. Ah, della tomba quel che vedi, è il meno.
Il prezioso tesor che vi si asconde
È il cener sacro del monarca estinto.
Lo vedesti vivente?
Euriso Unqua non venni
D’Alicarnasso a vagheggiar le mura.
Artemisia. Se veduto l’avessi! Avea nel ciglio
Dipinta la bontà. Virtù e natura
Gareggiavano in lui. L’una il bel volto,
L’altra il bel cor signoreggiava in esso.
Da sì amabile padre, oh che bel figlio
Mi concesser gli Dei! Ma ohimè! rapito
Troppo presto mi fu. Misera madre!
Da qual nuovo dolor toccar mi sento
Crudelmente le piaghe? Ahi, questo pianto
Sparso non è per lo mio sposo. Oh Numi!
Pretende forse il misero innocente
Fra il padre e lui la pena mia divisa?
Lo pretende a ragion. Mai più m’intesi
Punger il cor sì crudelmente al nome
Dello smarrito figlio. Oh Dio! Si vada
Libero ad isgorgar pianto richiesto.
(entra nella tomba, e chiude
SCENA V.
Clorideo, Euriso e Guardie.
Euriso E chi frenar mai puote
A un sì atroce dolor la pena e il pianto?