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ARTEMISIA 187

SCENA III.

Artemisia, Clorideo, Guardie; Talete, Euriso in disparte.

Artemisia. Ah ch’io non posso a quel dolente aspetto

Le lacrime frenar. Mio re, mio sposo,
Mio dolce amico Oh Dio! la piaga ognora
Del cor nel centro si dilata e inaspra,
E mortale divien.
Clorideo.   Regina, il duolo
Sazio avrà de’ tuoi pianti il re tuo sposo.
Pensa a te, pensa al regno. Il nostro affetto
Cagliaci consolar. Vedovo il trono
Non lasciar della Caria, e il tuo bel seno
Il sospirato successor ci doni.
Artemisia. A che di’ tu di successor? T’accheta;
Non risvegliarmi il mio secondo affanno.
Se il Ciel voluto dal mio sangue avesse
Della Caria il sostegno, in fasce tolto
Non mi avrebbe il mio figlio. Ah questa almeno
Parte del genitor rimasta fosse
A mitigar l’eterno mio cordoglio!
Clorideo. Non ti doler se ti levaro i Dei
Nel tuo tenero parto il tuo periglio.
Artemisia. Oh di tremendo oracolo fatale
Orrida voce, troppo presto i fati
Risposer crudi al tuo predir funesto!
Poco tempo tremai del rio destino,
Se il mio Nicandro pargoletto in fasce
Mi rapiro gli Dei. Ah caro sposo,
Il soverchio timor, l’amore ardente
Che provasti per me, ti rese forse
Alla vita del figlio attento meno.
Ma comunque ciò siasi, amor fu sempre
Che guidò i tuoi pensieri; oh dolce immago