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GLI AMORI DI ALESSANDRO 137
Leonato. Questo a me?

Barsina.   Se dal Cielo
S’odono i voti delle genti oppresse,
Tanti ne manderò, fin ch’io ti vegga
Svergognato perir. Cangia fortuna
I suoi doni sovente, e ancora io spero
Avvillito mirar quel ciglio altero. (parte

SCENA V.

Alessandro e Leonato.

Alessandro. Leonato, è questo il core

Che tu speri acquistar?
Leonato.   Confuso, oppresso,
Sono per lo stupor fuor di me stesso.
Alessandro. Che facesti a Barsina?
Leonato.   E tu, signore,
Come irritasti di Statira il core?
Alessandro. Giuro agli eterni Dei, pietà, rispetto
Ebbe solo da me.
Leonato.   Ragion non vedo
Del furor di Barsina. (Ah! la scoperta
Che Alessandro non son, mosse il suo sdegno).
Alessandro. (Ah! Rossane l’irrita a questo segno).
Va, Leonato, raggiungi
Le germane sdegnate. Alla maggiore
Di’ che se il cor le punge
Di Rossane l’arrivo, in van paventa.
Dille che d’una schiava
Posso sentir pietà, senza oltraggiare
Il mio amor, la mia fede. A lei prometti
Fido il cor d’Alessandro, un core acceso
Dalla rara beltà degli occhi suoi.
Leonato. E a Barsina, signor?