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GLI AMORI DI ALESSANDRO 105
Lisimaco. Io d’Alessandro

Ammiro le virtù. Non è soltanto
Il valor, la fortezza,
Che d’ogn’altro mortal lo fa maggiore;
Ma il saper, la virtude e il nobil core.
Sai pur che allora quando
I Tebani espugnò, l’albergo impose
Di Pindaro eccellente
Dalla strage comun serbare esente.
Policrate. Or la ragione intendo
Di tua parzialità. Credi Alessandro
Delle Muse invaghito, e tu che sei,
O d’essere presumi,
Nuovo Pindaro in Persia, in mezzo all’armi
Speri far la tua sorte al suon dei carmi?
Lisimaco. Da un re che ama le scienze,
Tutto si può sperar. Tu pur che sei
D’Esculapio seguace
Dovresti amarlo e rispettarlo in pace,
Policrate. Io l’odio e l’odierò; non che mi mova
L’ira contro di lui, ma il suo maestro,
Il superbo Aristotile
Tollerare non so. Par ch’egli solo
Vaglia i segreti penetrar oscuri
Della filosofìa. Dal precettore
Forse apprese Alessandro
La Persia a disprezzar. Vogliano i Dei,
Che Dario vincitore
Porti in sen della Grecia
Lo spavento, il terror; veggansi un giorno
Sotto il giogo Persian di Grecia i liti,
E i filosofi suoi spenti o avviliti.
Lisimaco. Sordo è il cielo ai tuoi voti. Udir già parmi
Del Macedone ai cenni
Babilonia tremar.