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ATTO QUARTO |
Tu, suora d’Anastasio, dell’Augusto
Di Grecia Imperator, tu d’un bifolco 1
Amante dichiararti?
Eufemia. Ancor nol dissi;
Ma poiché si pretende 2 anco gli arcani
Penetrar del cor mio; poiché si tenta
Trarmi il vero dal labbro, il ver non celo.
Amo Giustino; egli d’amore è degno.
Anastasio. Così ardita mi parli?
Eufemia. Sì; e mi vanto
D’un amore sì degno. Ha ben Giustino
In un sol giorno superato e vinto
Chiunque ha la gloria a mendicar dagli avi 3
Anastasio. (Le lodi di Giusdn sono al cor mio
Pungenti strali. Perirà l’udace).
Eufemia. Ma dopo il lungo faticar in due
Perigliose battaglie, ancor, germano,
Nieghi alle membra tue quiete e posa?4
Che fai qui ad onta dell’orrendo aspetto
Di questa sera tenebrosa e oscura?
Ah che la mente tua sconvolge5 e turba
L’arte de’ tuoi nemici! Hanno saputo
Gl’invidiosi omai nel tuo bel core
Rei sospetti introdur del tuo Giustino.
Credilo, egli è6 innocente.
Anastasio. E tale anch’io
Ad onta lo credei d’incerte accuse7 .
Ora non più, che de’ suoi turpi eccessi
Testimonio son io.8
Eufemia. Stelle! Qual colpa
L’eroe commise?
Anastasio. Inorridisci. L’empio
.