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578 | ATTO QUINTO |
SCENA ULTIMA.
Donn’Alba, Don Ximene e detti.
Di stringere la mano con un legame indegno?
L’onor degli avi nostri...
D. Alonso. Degli avi allo splendore
La virtù di Delmira può accrescere l’onore.
Degna è l’onesta donna di possedere un soglio:
Val più la sua umiltade di un forsennato orgoglio.
Ella è mia sposa, e voi, se mal ciò tollerate.
Ite donde veniste, ed al Brasil tornate.
Donn’Alba. A me cotale insulto? So quel che mi si aspetta.
Son donna, e son capace di fare una vendetta.
Ecco quel don Ximene che a voi reso è nemico.
Udite, don Alonso, in faccia io ve lo dico:
Se il vostro cuore invaso non cambia i pensier sui,
Dinanzi agli occhi vostri porgo la mano a lui.
D. Alonso. Questa minaccia orribile, germana, ho preveduta.
L’idea del vostro sdegno fu da me conosciuta.
Per vendicar gl’insulti voi minacciate un nodo,
E il vostro cuor desidera ch’io gliene porga il modo.
Nemico a don Ximene per le sue colpe io sono,
Ma fonte è un sì bel giorno di grazie e di perdono.
Ritorni don Ximene al grado suo primiero,
Purché sposi donn’Alba, e non sia meco altero.
D. Ximene. Tale è il mio pentimento, che se da voi si chiede,
Gettarmi non ricuso dinanzi al vostro piede.
D. Alonso. No, da voi non pretendo vedervi umiliato:
Voglio che voi mi siate socio, amico e cognato.
D. Ximene. Donn’Alba, il vostro cuore può rendermi felice.
Donn’Alba. Sì, dalla mia pietade meno sperar non lice.
So che da me dipende l’onor di un capitano.
Per rendervi l’onore, a voi porgo la mano.