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LA BELLA SELVAGGIA 577
Ed ognun che l’incontra fra selve e fra pastori,

La fellonia detesti e mia pietade onori.
Zadir. Ah tu trovasti il modo di rendermi avvilito.
Dovrò per traditore esser mostrato a dito?
Rinfacciar mi potranno i popoli Europei,
Che i selvaggi soltanto di crudeltà son rei?
Non è ver, la virtude regna fra noi non meno;
Finor sdegno protervo me la estirpò dal seno.
Non mi ritorna il lume della ragion smarrito
Il timor della morte; son per rossor pentito.
Di tua pietà due volte fu la mia vita un dono.
Di tal esempio in faccia so che un ingrato io sono.
E per potere appieno ricompensar tuoi doni,
Sopra il cor di Delmira cedo a te le ragioni.
Amala pur, sia tua1 che di tal sorte è degna.
La tua virtude, Alonso, ad emularti insegna.
D. Alonso. Zadir, ti compatisco. Sì amabile beltate
Di un cuore innamorato scusa le colpe andate.
Quelle ragioni accetto che tu mi cedi in lei.
Vieni al mio sen, Delmira, che cosa mia tu sei.
Delmira. Ah no, signor, non basta ch’ei vi ceda il mio core.
Se mi rinunzia un sposo, comanda un genitore.
Camur. Figlia, mia cara figlia, credi me sì inumano.
Che porgere ti vieti ad un eroe la mano?
Ah sì, chiaro si vede da un così bel costume.
Che gli Europei conoscono della clemenza il nume.
Sposati a don Alonso; sia di tal nodo il frutto
Rendere il popol nostro colle sue leggi istrutto.
E se finora il sole da noi fu venerato,
A venerar c’insegni quello che ha il sol formato.
D. Alonso. Popoli fortunati, il dolce incarco accetto.
Figli tutti vi chiamo col più sincero affetto.
E tu, bella Delmira, cui dir mia sposa or godo.
Stringi dei nostri cuori colla tua mano il nodo.

  1. Ristampa torinese e Zatta: Amala, che sia tua.