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554 | ATTO QUARTO |
Don Ximene all’istante privato è del comando.
Rendasi prigioniero, e gli si tolga il brando.
D. Ximene. D’uopo non v’è che alcuno accostisi al mio fianco;
Se il monarca lo vuole, al mio dover non manco.
(getta la spada
Ma colui che ha carpito segretamente il foglio,
Renderà conto un giorno del temerario orgoglio.
D. Alonso. Sì, sfogatevi pure, non son tanto inumano
Di vendicar gl’insulti con chi si sfoga invano.
Olà! quei miserabili traggansi dal supplizio.
Godano fra catene di vita il benefizio.
Libero don Ximene, senza dell’armi usate.
Errar fra queste selve a suo piacer lasciate.
E voi che or vi vedete dalla vergogna oppresso,
Impiegate gli accenti a condannar voi stesso.
(A don Ximene, e parte seguito da una parte dei Soldati. Altri Soldati sciolgono le mani dei condannati e li accompagnano
SCENA IH.
Don Ximene, Camur, Zadir, Papadir e Soldati.
Ei preveduto ha il colpo, e mi attendeva al segno.
Papadir. Signor, non ve lo dissi! un Nume evvi per tutti,
E della sua giustizia in voi ravviso i frutti. parte
D. Ximene. (Non so che dir; mi pungono i miei rimorsi in petto).
da sè
Zadir. Mirami; ancora io vivo, e vendicarmi aspetto.
(Questo ferro, a un carnefice caduto or or di mano,
Delle catene ad onta non ho raccolto invano).
(da sè, e parte
Camur. Tanti tormenti a un vecchio sul fin degli anni suoi?
Noi siamo irragionevoli? Siete una bestia voi. parte