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552 ATTO QUARTO
Sian le carneficine 1 ai perfidi d’esempio.

(le Guardie arrestano Papadir
Papadir. Ah dov’è don Alonso, che dell’Europa il nume
Fonte chiama di pace, fonte di bel costume?
O voi non conoscete l’Autor della natura,
O non temete il fulmine cui la sua man misura.
Ma gli Europei non credo dal nume abbandonati;
Credo che da per tutto vi siano i scellerati;
E che la sua giustizia, che il pentimento aspetta.
Agli animi indurati prepari una vendetta.
(vien condotto dalle Guardie vicino a Camur e a Zadir

SCENA II.

Don Alonso, Piccarino e detti.

D. Alonso. Olà, senza il mio cenno si fan tai sagrifizi?

Al consiglio di guerra s’aspettano i giudizi.
Di punire i colpevoli non ha il potere in mano
Don Ximene soltanto; non regna un capitano.
Si sospendan, ministri, le stragi, me 2 presente,
E si separi in prima il reo dall’innocente.
D. Ximene. In faccia alle milizie questo al mio grado è un torto.
Con viltà di me indegna l’ingiuria io non sopporto.
Perano quei ribaldi. Il mio voler l’impone.
Mancami di rispetto chi al cenno mio si oppone.
E il comando dell’armi, che a me pure è concesso.
Rivolgerò, se occorre, contro d’Alonso istesso.
E se pugnar sfuggiste meco da solo a solo,
Per noi dei guerrier nostri dividasi lo stuolo;
Vedasi chi di noi nel loro cuor prevaglia,
E le nostre contese decida una battaglia.
(Sfodera la spada, e nello siesso tempo si pongono in sua difesa i Guerrieri dalla sua parte, e fanno lo stesso quegli altri dalla parte di don Alonso.

  1. Ed. Pitteri: carnificine.
  2. Così l’ed. Pitteri. Nell’ed. Zitta: a me.