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528 | ATTO SECONDO |
Rosina. Voi servire. Oh sì, che questa è buona!
Pensate di venire a farla da padrona?
Le catene dal piede perchè vi hanno levate?
Perchè sotto di me servite e lavorate.
Delmira, vi consiglio aver meno baldanza.
A voi di ripulire consegno questa stanza.
Fatevi ben volere. Addio, vado e ritorno.
Non sapete nemmeno risalutar?
Delmira. Buon giorno.
Rosina. Buon giorno a una mia pari? Selvaggia ignorantissima,
Così dovete dire: le son serva umilissima. parte
SCENA IV.
Delmira, poi Don Ximene.
Io che libera nacqui, son a servir costretta?
Ma così don Alonso non favellommi altero;
Dal di lui cor gentile sorte migliore io spero.
Tanto pietoso è meco... Partiti sentir... chi viene?
Fosse almen don Alonso. Ah no, ch’è don Ximene.
D. Ximene. Delmira, in queste spoglie più vago è il vostro aspetto.
Crescendo in voi bellezza, in me cresce l’affetto.
Schiava vi fè la sorte con barbaro rigore,
Schiavo di voi mi rese il faretrato1 amore.
E la pietà che usare con voi seppe il cor mio,
Da un animo gentile voglio sperare anch’io.
Delmira. Signor, qual è l’uffizio, a cui son destinata?
D. Ximene. Ad esser riverita, ad essere onorata.
Ordine avranno i servi di rispettar voi sola.
Voi comandar potete; vi do la mia parola.
Delmira. L’autorità, il comando, non pretendo arrogarmi;
- ↑ Ed. Pitteri: farettrato.