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si è appreso, senza la disposizione di un temperamento felice. Ella lo ha sortito felicissimo dalla natura. Giovane, bella, Nobile, spiritosa e vivace, sa contener tutto ciò fra i limiti di una moderazione e di un contegno particolare. In Lei non trovasi nè vanità, nè orgoglio, nè prosunzione. Il suo tratto ha una dolcezza che incanta, ma un incantesimo che provien dell’ammirazione, si arresta fra i confini del rispetto e dell’amicizia. Ella è affabile, gioconda, amena, ma guai a chi si meritasse il suo sdegno1. La sua Virtù veglia alla custodia di tutte le di Lei amabili qualità, e quanto sa farsi amare, altrettanto saprebbe far arrossire. Vegga un’immagine di sì bel costume nella mia virtuosa Selvaggia, e si consoli veggendo il merito ricompensato, ed aggradisca un dono che sarebbe degno di Lei, se avessi io meglio saputo vestir di grazie un così nobile ed interessante argomento. Se tutte le opere mie hanno l’originario difetto della mano inesperta, approvi almeno il pensiere 2 che mi son preso di scegliere quella che più delle altre le dee piacere, che vale a dire una Commedia fondata, comunque siasi, sulla base della Virtù, dell’onore, e della costanza. Nell’atto di presentare quest’umile tributo del mio rispetto, ho l’onore di protestarmi ossequiosamente

Di Vostra Eccellenza

Umiliss. Devotiss. Obbligatiss. Servidore
Carlo Goldoni.




  1. Tornano qui opportune queste parole di Carlo Gozzi sulla Dolfin: “Il di lei temperamento andava soggetto a degli sdegni contro a chi la offendeva, o contro a chi a lei pareva che la offendesse; ma non ho mai veduto un animo più facile del suo ad essere spogliato dallo sdegno, e da essere riguadagnato da quell’offensore, reale o ideale, che non fosse cervicoso e superbo nel non curar le sue collere”: v. P. Molmenti, Carlo Gozzi inedito, estratto dal Giornale Storico della lett. it. vol. LXXXVII, 1926, pag. 23.
  2. Così scrive il Goldoni.