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IRCANA IN ISPAAN 485
Tanto conosce Tamas il suo dovere al fine,

Che della sposa ai sdegni imponerà il confine;
Ed io tanto potere serbo ancor nel mio tetto,
Per far ch’ella s’accheti, e taccia a suo dispetto.
Alì. Ma se il tuo figlio istesso, per soddisfar l’audace,
D’abbandonar il padre il rio pensier non tace!
E soffrirei vederti per me del figlio privo?
A tal legge indiscreta, signor, non mi soscrivo.
Tanto ti devo e tanto, sono al tuo amor sì grato...
Machmut. Non dubitar che il figlio siami a tal segno ingrato.
Eccolo: a tante prove, onde pietoso io fui,
No che temer non posso tal sconoscenza in lui.

SCENA III.

Tamas e detti.

Tamas. Padre, signor, perdona, se or più che mai ti spiaccio.

Sono, se parlo, ingrato, ma son più reo, se taccio.
Allor che un de’ due mali certo prevede il cuore,
Anche prudenza insegna sceglier dei due il minore.
Male per te, per noi, ch’io di qua mi allontani,
Male ch’io resti, e veggasi scoppio di sdegni insani.
Perdi, s’io parto, un figlio, perdi assai più, s’io resto;
Assicurar tua pace giusto mi sembra, e onesto.
Sai che due donne insieme, unite in pari grado,
Mai si veggono in pace, o veggonsi di rado.
Fatima andar non deve lungi da te, il confesso;
Resti con te, che il merta, te lo consiglio io stesso.
Alla virtù che ha in seno, al doppio benefizio
Ch’ella ci usò pietosa, deesi un tal sagrifizio.
Se l’amor tuo il consente, fissar la mia dimora
In Ispaan potrei, poco a te lungi ancora.
Ti vedrò, mi vedrai; basta l’istesso tetto
Non chiuda le due donne, che miransi a dispetto.
Deh, se ragion tu trovi nel mio pregar sincero,