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480 ATTO QUARTO
O del Bazar a vista troncasi a Osman la testa.

Machmut. Vanne, l’oro richiesto si troverà; saziata
De’ Persian ministri sia l’ingordigia usata.
A mercatar quel sangue meco venisti, il so,
Non si dona, si vende. Avidi, il comprerò. s’alza
Scacch Bey. Tal del Monarca ardisci...
Machmut.   Ciò non vantarmi in faccia.
Il nome del sovrano si veneri, e si taccia.
Non vende i suoi vassalli, chi di tesori abbonda.
Si val del regio nome lo stuol che lo circonda.
Conosco anch’io la corte che in Ispaan fiorisce,
Col sangue degli oppressi s’innalza e si arricchisce.
Scacch Bey. Tu perderai la grazia, se tal favelli audace.
Machmut. L’oro è già preparato. Bey, vattene in pace.
Scacch Bey. L’uso condanno io stesso. Ti compatisco, addio.
(Perdere non vorrei le dieci borse anch’io).
(da sè, e parte

SCENA XII.

Machmut, Ircana, Fatima, Tamas, Alì.

Fatima. Per me sì gran tesoro? (a Machmut

Machmut.   Lo feci, e non mi pento.
Figlio, puoi tu lagnarti?
Tamas.   No, padre, io son contento.
Fatima. Anime generose, non so quel ch’io mi dica.
Vi ricompensi il Cielo, il Ciel vi benedica.
(piangendo parte
Alì. Signor, tu sei l’esempio del più sincero amore.
Ah! non credea si desse tanta pietà in un core. parte