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470 | ATTO QUARTO |
(accennandole dove è entrata Fatima
Ircana. No, con colei non vado.
Vajassa. Che dici?
Ircana. Con colei
Non vo’ per verun patto passare i giorni miei.
Anderò in altro sito. (s’avvia verso la porta di mezzo
Vajassa. No, colà non conviene
Che venga il tuo consorte, là dentro non va bene.
Colà vi son le schiave, cara la mia figliuola,
E Alì quando ti cerca, vorrà trovarti sola.
Ircana. A che cercarmi Alì?
Vajassa. Va tu fra quelle porte:
(le addita un’altra parta laterale
Dirò che sei là dentro io stessa al tuo consorte.
Ircana. Sì, fa che tosto ei venga; seco parlar desio.
Vajassa. Vanne, non dubitare. So far l’uffizio mio.
Ircana. Questo è quei dì fatale, in cui dee la mia sorte
Decider di mia vita, ovver della mia morte.
(entra nell’altra stanza
SCENA V.
Vajassa, poi Tamas.
Cospetto! a queste donne io farò far giudizio.
Tamas. Dove si cela Ircana? d’uopo ho del suo consiglio.
Vajassa. Questi è Tamas, lo so, di Machmut il figlio.
Tamas. Donna, vedesti Ircana?
Vajassa. Cerchi la sposa?
Tamas. Sì.
Vajassa. Se cerchi la tua sposa, e vuoi vederla, è lì.
(gli addita le stanze di Fatima
Tamas. Vedrà quella inumana, se soddisfarla io godo.