Tamas. Falso argomento indegno d’anima vacillante
Prendi tu, che mi festi per amor tuo incostante.
Ecco la mia mercede; ecco qual via si tenta
Da una consorte ingrata, perchè il mio cuor si penta.
Ma no, troppo ha profonde le sue radici in petto,
L’amor che a te mi lega; ti amerò a tuo dispetto.
Ircana. Prova maggior io chiedo di quell’amor che vanti.
Più della mia nemica non comparire innanti.
O fa che il padre tuo più non la tenga appresso,
O lascia di vedere perfino1 il padre istesso.
S’egli di te più l’ama, amami più di lui;
Se mi soddisfi in questo, teco sarò qual fui.
Ti crederò mio caro, più non darotti un duolo;
Tutto soffrir m’impegno, contentami in ciò solo.
Non ti smarrir, temendo di mendicar tua sorte.
Non ti avvilisca il peso di docile consorte;
Evvi per tutti un Nume che provveder non cessa.
Ti aiuterò il tuo pane a procacciarti io stessa.
O servirem fra l’armi, lasciando io pur la gonna,
O adatterò 2 la mano a ciò che lice a donna.
Teco vivrò contenta in ogni stato e loco,
Pur che turbar non vegga da gelosia il mio foco.
Quel che ti chiedo è molto, ma contrastar nol dei,
Se mi vorrai felice, se l’amor mio tu sei.
Tamas. Sì, il tuo voler si faccia; andiam pel mondo erranti,
Pria di vederti in pene, pria di vederti in pianti.
Tutto per soddisfarti, tutto tentar mi è in grado,
Dal genitor io stesso a congedarmi or vado.
Ircana. Fermati; in quelle soglie la mia rival dimora.
S’ella t’incontra, e parla, puoi ripentirti ancora:
Fuggi, s’è ver che mi ami, fuggi il fatal periglio.
Tamas. E il genitor pietoso?
Ircana. Più non rivegga il figlio.
- ↑ Salvioli, Zatta, rist. bolognese e torinese: O lascia di vedere, perfido, il padre ecc.
- ↑ Ed. Pitteri: addatterò.