In faccia il padre offeso, in faccia di un Osmano.
Tamas fec’io tuo sposo; esser lo dee, lo giuro,
O andar costui non speri dal mio furor sicuro.
Fatima. Tu per me fremi a torto. Sono d’Alì contenta.
Del cambio dello sposo non temer ch’io mi penta.
Se in grazia della figlia arde il tuo cor sdegnato,
Fatima è già felice: sia il genitor placato.
Osmano. Sia il tuo piacer verace, sia falso e menzognero,
Non mi sperar cogli empi meno inimico e fiero.
Può perdonar gl’insulti cuore di donna offeso,
Non li perdona Osmano, di giusto zelo acceso.
Scorgo dai molli accenti, che donna vil tu sei:
Se tu perdoni i torti, io non perdono i miei.
Machmut. Mostri da ciò, spietato, mostri che apprezzi meno
Della tua figlia istessa bella virtute in seno.
Tu di furor ti vanti; ella di gloria abbonda;
Quale di voi più merta?
Osmano. Il ferro mio risponda.
(avventandosi contro Machmut
Fatima. Ah non fia mai. (si frappone
Osmano. Ritira, figlia, dal ferro il petto,
O non sperar mi giunga ad avvilir l’affetto.
In faccia mia ti toglie della natura il dritto,
Labbro che a pro di un empio approva il suo delitto.
Figlia di lui ti vanti? più padre tuo non sono.
Odio il tuo sangue istesso; no, non sperar perdono.
Se più del padre offeso, di chi l’insulta bai stima,
Rea della colpa istessa, mori, crudel, tu in prima.
(s’avventa contro Fatima
Machmut. Ferma, inumano. (si pone in difesa di Fatima