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IRCANA IN ISPAAN 449
Al torto che tu soffri, avrai giustizia eguale;

Ma il ritornar dal campo sol per sì vile oggetto,
Di fellonia può farti reo nel reale1 aspetto.
Onde ver l’inimico torna a calcar la strada,
O rendi alle mie mani, qual prigionier, la spada.
Osmano. Bey, mente chi ardisce rimproverarmi in faccia
Di mancator la colpa, di fellonia la taccia.
Chi della Persia il trono con sue vittorie onora,
Difenderà il monarca col proprio sangue ancora.
Pubblici son miei torti. La lontananza sola
Di vendicar gl’insulti il comodo m’invola;
E se la mia vendetta pronta non uso, e presta,
Nulla sperar dal tempo, nulla ottener mi resta.
Giudici, il so, ha la Persia, vendicatori eletti
All’onte, all’ingiustizie de’ popoli soggetti;
Ma qual di lor mi vanti sì giusti ed illibati,
Che dubitar non possa dall’or contaminati?
Il mio nemico è tale, che d’oro in casa abbonda,
Raro è quell’uom cui l’oro non piaccia e non confonda.
Del mio sovran conosco la virtù, la giustizia;
Ma anche sul cuor dei regi può dell’uom la malizia.
E a fronte dei vicini chi è al suo signor lontano,
Nella ragion che vanta, può lusingarsi in vano.
Lungi non era il campo da questa reggia ancora;
Tornai senza fatica; farò brieve dimora.
Se il Re vuol vendicarmi, se del mio onore ha cura,
Comandi ai suoi soldati uscir da quelle mura.
Lasci che a mio talento possa sfogar lo sdegno
Contro d’un figlio ingrato, contro d’un padre indegno.
Scacch Bey. Suddito in van patteggia con chi governa e regge;
A te impor non si aspetta, devi accettar la legge.
O parti, o sei ribelle del Re, se fai dimora.
Osmano. Pria che ribel chiamarmi, di’ che ci pensi ancora.

  1. Savioli, Zatta e altri: regale.