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IRCANA IN ISPAAN 435

SCENA II.

Machmut, poi Bulganzar e Vajassa.

Machmut. Miseri genitori! usasi ogni arte, ogni opra,

Che la ragion nei figli folle passion non copra;
Sdegni, castighi ed onte lor si minaccia e intima,
Ma dopo il fallo ancora parla l’amor di prima.
Padre se stesso inganna, se disamar procura1:
Vince ogni sdegno alfine l’affetto e la natura.
Bulganzar. Signor, per le tue donne trovata ho una custode,
Che merita ogni stima, che merita ogni lode.
Vecchia, ma non schifosa, non pazza e non ingorda,
Non ha che un sol difetto, è un poco un poco sorda 2.
Machmut. Dov’è costei?
Bulganzar.   Ti accosta. (a Vajassa
Vajassa.   Cosa dici?
Bulganzar.   Ti accosta.
(le fa cenno che venga innanzi
Vajassa. (Sì avanza.
Machmut. Sei Tartara, o Persiana?
Bulganzar.   Via, non gli dai risposta?
Vajassa. Cosa ha detto?
Bulganzar.   Se sei di Persia, o Tartaria. (forte
Vajassa. Oh son di più lontano. Son nata in Barbaria.
Machmut. Come in Persia venuta?
Vajassa.   In Persia, signor à.
Machmut. Il tuo nome?
Vajassa.   Trent’anni saran ch’io sono qui.
Bulganzar. Il tuo nome ti chiede. (forte
Vajassa.   Vajassa è il nome mio;
Avvezza a custodire le femmine son io.
Sotto di me le schiave riescono brave e buone,

  1. Ed. Pitteri: proccura.
  2. Così nelle edd. Pitteri. Pasquali, Savioli ecc.; nelle ristampe torinese e nell’ed. Zitte leggesi: ed è ch’è un poco sorda.