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IRCANA IN ISPAAN 423
Fatima. Non saprei dirlo, amiche1; sopra di voi ragione

Ha Machmut istesso 2, ch’è padre, e ch’è padrone.
Lisca. Certo la schiavitude3 ad ogni mal prevale:
Ma un giovine in serraglio servire è minor male.
Da un padrone avanzato 4 vedere a comandarmi,
È il peggio a che la sorte or potea condannarmi.
Fatima. Quando servir dovete, dell’età sua che importa?
Lisca. Talor la gioventude ci allegra e ci conforta.
Schiava di un uomo carico e d’anni, e di pensieri,
Fatima, vi stareste voi pur mal volentieri.
Fatima. Anche a servir costretta soffrirei la mia sorte.
Zama. Eh Fatima ha bel dire, che ha un giovine in consorte!
E appena un ne ha perduto, un altro ne ha trovato,
Ed or vivrà contenta, se prima ha sospirato.
Noi altre condannate a vivere in prigione,
Siam prive dello sposo, e prive del padrone.
Ibraima. Fatima che ha per noi un cuor tanto amoroso,
Potrebbeci al serraglio condur del di lei sposo.
Fatima. D’Alì non so ben anche qual sia l’inclinazione,
Seguir potrebbe anch’egli lo stil della nazione;
Schiave soffrirò in casa senz’onta e senza orgoglio;
Ma ciò co’ miei consigli promovere non voglio, parte

SCENA IV.

Ibraima, Zama e Lisca.

Ibraima. Sì, sì, l’ho già capita, è docile ed umana,

Ma serba in tal proposito le massime d’Ircana.
Esser vorrebbe sola, la compatisco affé;
Ma in Persia tal fortuna sì facile non è.
Lisca. Che avidità di sposo, che han queste donne in seno!
Zama. Dovriano agli occhi altrui dissimularla almeno.

  1. Nell’ed. Zatta è stampato: aimè.
  2. Così in tutte le edizioni.
  3. Nell’ed. Pitteri: schiavitudine.
  4. Ed. Pitteri: avvanzato.