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IRCANA IN ISPAAN 421
Privarli d’ogni speme giustizia mi consiglia.

Alì viverà meco; Fatima è la mia figlia.
Fatima. Signore, a me un tal dono so che goder non lice;
Sarei, se l’accettassi, più misera e infelice.
Potrei rimproverarmi, privando altrui d’un bene,
Di meritar gli insulti, di meritar mie pene.
Finor soffersi in pace destin meco inclemente,
Godendo fra me stessa di un’anima innocente,
E crederei, cangiando il mio costume antico,
Giustificar le colpe d’un barbaro nemico.
Machmut. Quei che la mia pietade offre a’ tuoi merti in dono,
Son di giustizia effetti, stimoli tuoi non sono.
Fatima. Chiamali del tuo sdegno, a vendicarsi intento,
Oggetti perigliosi, soggetti al pentimento.
Ora tu miri il figlio colle sue colpe intorno;
Gli accorderà il perdono tenero padre un giorno.
Che lungamente, il sai, sdegno, furor non dura,
Ad onta delle voci di provvida natura.
Nè ti pensar, signore, ch’io condannar pretenda,
Che il tuo paterno amore al sangue tuo si renda;
Anzi, se forza teco avesse un mio consiglio,
Vorrei spingerti io stessa ad abbracciare un figlio,
Che al fin, chi reo lo fece in faccia al genitore,
Fu il seduttor Cupido, dell’alme ingannatore.
Machmut. Parla così una sposa fin nell’onore offesa?
Fatima. Grazie ad Alì, mio sposo, son nell’onore illesa.
Machmut. Ma d’un amante ingrato come soffrire il torto?
Fatima. Saper ch’io non lo merto, signore, è il mio conforto.
Machmut. Fatima, la virtude, che del tuo cuore è il nume,
In te produr si vede sì amabile costume.
Ma la virtude istessa, ch’io pur nutro nel petto,
Suol per cagion diversa produr diverso effetto.
Tu la pietade ostenti per legge d’amicizia,
Rigore usar io deggio per obbligo e giustizia.
Tamas è reo di colpa, che merita il mio sdegno;