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420 ATTO PRIMO
Perfido figlio, ingrato! del genitore a scorno

Abbandonar crudele la sposa il primo giorno?
Per riparare ai danni di un’infelice oppressa.
Al generoso Alì ho la sua man concessa;
D’amore o d’amicizia fu provvido il consiglio,
Ma l’odio in me non puote scemar contro del figlio:
Figlio, che fu sinora mia pace e mio diletto,
E in avvenire è forza ch’io l’odii a mio dispetto;
Che se mi piacque in lui della virtude il dono,
Or che virtù calpesta, il suo nemico io sono.

SCENA II.

Fatima ed il suddetto.

Fatima. Signore, un de’ tuoi servi da Julfa or or venuto,

Tamas per via, mi disse, aver testé veduto.
Ircana al fianco ha seco; verrà al paterno tetto.
Insulti dall’ingrata soffrire ancor mi aspetto.
Tarda Alì il suo ritorno, di lui sono ancor priva:
Vuole il destino avverso ch’io tremi infin ch’io viva.
Fammi passar, ti priego, pria che s’innoltri il giorno,
D’Alì, benché lontano, all’amico soggiorno.
Alla sua sposa alfine tal libertà è concessa,
Non aspettar vedermi novellamente oppressa.
Deh tu, signor, che tanto per me soffristi, e tanto,
Fatima non esporre d’una nemica accanto!
Per me, sai che vendetta, ch’ira nutrir non soglio;
Ma non so ben d’Ircana quando avrà fin l’orgoglio.
Machmut. Fatima, non temere di quel furore insano;
Tamas al patrio tetto spera condurla in vano.
Ei non è più mio figlio; nuora soffrir non degno,
Cagion del mio dispetto, principio del mio sdegno.
Vadan raminghi in Persia, vadano erranti al mondo;
Provin fra le1 sventure dei lor deliri il pondo;

  1. Nell’ed. Pitteri, qui e altrove: fralle.