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costume, quella del mondo, quella di noi medesimi credo io preferibile agli1 studj metodici, che confondono l’intelletto, vincolandolo a duri precetti ordinati da quei che furono prima di noi, quasi che noi non potessimo per avventura pensar meglio di loro. Beati quelli che formano il cuor da se stessi, coll’esempio de’ buoni, colla scorta del buon criterio, coll’ammaestramento della sana Filosofia destata in seno della Natura, e perfezionata dalla Religione. Con tali buoni principi si può leggere senza temer di guastarsi, in quella maniera che le industriose Api succhiano da Varj fiori quei succhi che più convengono ai loro stomachi delicati, e li convertono in dolce mele. La ragione per cui molti invaniscono del lor sapere, si è, perchè credono di sapere molto più che non sanno; e perchè giunti ad intendere qualche cosa di una scienza all’intelletto loro difficile, si persuadono di possederla, ed alzano la stima di se medesimi al di sopra della ragione. Altrimenti ho scorto io contenersi l’E. V. Ella non ama gli2 studj che adulano l’intelletto, ma quei che perfezionano la Volontà; quindi e, che conoscendo per pratica la vera virtù, fa di questa quell’uso che la rende quieta in se stessa, ed amabile alla società. Quest’elogio ch’io formo a V. E., comecchè comune a tutti quelli che pensano, com’Ella pensa, non sembrerà ad alcuni bastante per una Dama nata di sì illustre Sangue, e da un sì sublime nodo legata. Ma lascio altrui la briga di fantasticare a suo senno: se ho da parlare di Lei, non crederei di farle quell’onor ch’Ella merita, mendicando le lodi dai doni eccelsi della Fortuna. Sa tutto il Mondo, che la famiglia illustre de’ BENTIVOGLI, e sovrana, e privata, vantò in tutti i secoli Gloria, Dignità, Onori, e tutti sanno egualmente, che unendo un si gran sangue a quello degli ERIZZI, la provvidenza si è meritata anche in ciò le acclamazioni e gl’incensi. Ma quel che forma il bene della Repubblica, non basterebbe a far Lei felice, se la Virtù non prevalesse nel di lei animo; ed io per questa seco Lei mi congratulo, e le do quelle laudi che dar le posso. La felicità ch’Ella gode, forma quella di chi ha l’onor di

  1. Così l’ed. Pasquali, nell’ed. Pitteri: ai.
  2. Ed. Pitteri: i.