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“Parmi plusieurs autres pièces, je vis représenter au théâtre del Falcone, qui tient au palais du Roi, et dont S. M. Charles Félix était le spectateur le plus assidu, une des Hircana (sic) de Goldoni, bien jouée par M.e Polvaro-Caroletta (sic). Malgré le succès qu’ obtint dans le temps cette trilogie, et tout le bien qu’ en dit Goldoni dans ses I, la pièce me parut fausse, froide, ennuyeuse, comme la plupart des sujets persans mis au théâtre (Voyages historiques et littér.es en Italie pendant les années 1826, 1827 et 1828, Bruxelles, 1835, p. 505). E Luigi Carrer pare alludesse alla presente commedia, quando scriveva, subito dopo la Sposa Persiana: “Taccio della Circassa, in cui i caratteri sono pressoché tutti detestabili, non ommessa la protagonista, civetta sfrontata, e donna che tutto sagrifica all’interesse dell’ambizione” (Vita di C. Goldoni, Venezia, 1825, t. III, p. 108). In fine Ferdinando Galanti così concludeva a proposito delle tre Persiane, nel 1882: “La Compagnia veneziana Duse le ha fatte rivivere, è già un quarto di secolo, sulle nostre scene, ed il pubblico le ha accolte bene, ma un’altra resurrezione mi parrebbe impossibile (C. Goldoni, Padova, 1882, p. 228).

Fra le curiosità, diremo così, dell’Ircana in Julfa, la principale è certamente questa che l’azione si svolge non più fra Persiani, ma fra gli Armeni. Non fa meraviglia trovare qua e là, specialmente alla fine della penultima scena, l’elogio di quella nazione, che doveva lusingare gli Armeni stabiliti da molti secoli a Venezia.

L’autore dedicò questa commedia alla nobildonna Marina Canal (di S. Barnaba), figlia di Giacomo e di Faustina Erizzo, sposi nel 1713: d’antica famiglia che apparteneva fin dal secolo XIII alla nobiltà veneziana. A Francesco Maria Canal, zio di Marina, il Goldoni aveva dedicato nel 1753 il Feudatario (v. vol. VIII della presente edizione). Nel 1732 si congiunse Marina col vedovo Zuanne o Giovanni Carlo Savorgnan (di S. Geremia, a Cannaregio) a cui diede quattro figli maschi: Francesco, Giacomo (sposo nel 1766 di Faustina Zen), Antonio e Girolamo; e due figlie, la maggiore delle quali, Faustina, sposò ai 16 gennaio del ’58 Don Lodovico Rezzonico. nipote del cardinale Carlo (vescovo di Padova, creato papa il 6 luglio di quello stesso anno), la minore, Lucrezia, fu unita nel 1762 al marchese Don Giovanni Lambertini.

In occasione delle nozze di Faustina stampò il Goldoni un poemetto intitolato La Mascherata: v. Notatorj del Gradenigo e Spinelli, Bibliografia Goldoniana, Milano, 1884, pag. 230. Nel Nuovo Dizionario storico, Bassano, t. XVI, 1796, dove parlasi dei Rezzonico, è commendata quale “dama ornata delle più rare qualità” (pag. 321). Ai 5 nov. 1760, per volontà del pontefice, ella partì col marito da Venezia per Roma (Notatorj Gradenigo), dove dimorò nel palazzo della Cancelleria, e poteva dirsi, almeno durante il papato di Clemente XIII, “la dama più ragguardevole della società romana” (così Alberto Cametti, Critiche e satire teatrali romane del Settecento, estr. dalla Rivista Musicale Italiana, Torino, 1902, pag. 6). A lei fu dedicato dall’impresario l’edizione romana del “Signor Dottore, Dramma giocoso per musica di Polisseno Fegejo P. A. [C. Goldoni], da rappresentarsi nel teatro di Torre Argentina nel carnevale dell’anno 1761” (c. s.).

La famiglia Savorgnan, d’antica e illustre origine friulana, fu inscritta